Con Legge 126/08/2007 lo Stato italiano ha riconosciuto l’enorme valore della scrittura Braille, istituendo la “Giornata nazionale del braille” che si celebra ogni anno il 21 febbraio in coincidenza con la Giornata mondiale della difesa dell’identità linguistica promossa dall’Unesco (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura). Infatti, milioni di ciechi sparsi nel mondo debbono la possibilità di apprendere le più diverse discipline, di poter accedere al patrimonio culturale scritto dell’umanità e la conseguente opportunità di crearsi una cultura, al codice di lettura e scrittura Braille.
Tale metodo, che prende il nome dal suo inventore, il francese Louis Braille che lo sviluppò intorno al 1829, è un sistema di scrittura basato su sei punti in rilievo percepibili al tatto, che possono formare fino a 64 combinazioni diverse, corrispondenti alle lettere dell’alfabeto, alla punteggiatura, ai numeri, ai simboli matematici e a quelli musicali. Essendo la maggior parte dei simboli universalmente riconosciuta, può essere usato in molte lingue diverse e quindi può essere considerato un mezzo di scrittura internazionale.
I vari caratteri si formano combinando sei punti, disposti in due colonne e tre righe. I punti sono convenzionalmente numerati dall’1 al 6, partendo dall’alto nella colonna di sinistra verso il basso e poi ricominciando nella seconda colonna. Quindi il punto in alto nella colonna di sinistra è il punto 1, quello di mezzo sempre nella colonna di sinistra è il 2 e quello in basso a sinistra è il 3; nella colonna di destra, partendo dall’alto verso il basso avremo allora i punti 4, 5 e 6.
La dimensione dei punti e delle loro combinazioni è standard: i 6 punti devono infatti rientrare in una cella di 7×4 millimetri,detta cella braille. Questa è una dimensione ottimale perché permette di percepire con i polpastrelli la sua intera superficie e allo stesso tempo di distinguere bene i singoli punti.
Prima di Louis Braille leggere e scrivere senza la vista rimaneva un ostacolo insormontabile. Si hanno notizie di tentativi di escogitare un sistema adeguato ai ciechi fin dalla seconda metà del XVI secolo, ma nonostante l’impegno di grandi studiosi, l’intuito di molti , come Nicholas Saunderson che ereditò la cattedra di Newton, l’abate italiano Lana-Terzi, il tipografo francese Pierre Moreau, il direttore dell’istituto per giovani ciechi di Parigi Valentin Haüy, l’inglese William Moon, i risultati erano ancora lontani. bisognerà aspettare fino al 1815 per trovare il vero precursore dell’alfabeto Braille: Charles Barbier, un capitano di artiglieria dell’esercito napoleonico. Il metodo messo a punto da Barbier non era stato pensato per la lettura tattile dei ciechi, ma per la decifrazione al buio di messaggi militari. Barbier riteneva, a giusta ragione, che i punti sarebbero risultati più consoni delle linee all’identificazione tattile, realizzando così il suo alfabeto puntiforme. Si trattava di due colonne verticali di sei punti ciascuna: un massimo di dodici punti per ogni simbolo, per rappresentare non tanto le singole lettere dell’alfabeto, quanto piuttosto le combinazioni dei suoni della lingua francese; di qui la definizione di “metodo sonografico”. Il sistema risultava piuttosto complicato nella decodifica dei segni e nella loro traduzione in parole, ma aveva aperto la via al moderno metodo di lettura e scrittura dei ciechi. Barbier inoltre, per scrivere con il proprio codice, aveva ideato e realizzato la tavoletta e il punteruolo, molto simili a come oggi li conosciamo.
Quando Barbier introdusse il proprio metodo tra i ciechi dell’istituto di Parigi, Louis Braille, ancora giovanissimo, si rivelò tra gli allievi più abili ed efficienti. Louis però mise subito in evidenza il limite maggiore del metodo di Barbier: la scarsa duttilità tattile dovuta a una percezione difficoltosa, a causa delle dimensioni dei singoli segni. Colonne di sei punti infatti, si coglievano a fatica nell’esplorazione tattile del polpastrello del dito indice, rallentando così il processo di identificazione e l’intero fluire della lettura. Louis Braille pose rimedio a tale inconveniente mediante la riduzione della matrice di ciascun segno che passò da due colonne di sei punti, a due colonne di tre punti, dando origine al sistema così come oggi noi lo conosciamo.
Egli usò i quattro punti della parte superiore per rappresentare le prime dieci lettere dell’alfabeto francese e si servì metodicamente dei due punti della parte inferiore per rappresentare le altre lettere: per le lettere dall’undicesima alla ventesima aggiunse il punto 3 e dalla ventunesima alla ventiseiesima aggiungendo i punti 3 e 6. Con i 64 segni a disposizione, egli procedette anche alla codifica dei numeri, della punteggiatura e della musica, regalando finalmente a tutti i ciechi del mondo un vero sistema per scrivere e per leggere.
Louis Braille pubblicò il suo “metodo” sistematico nel 1829, ricevendo subito una favorevole accoglienza da parte degli allievi dell’istituto di Parigi che cominciarono a praticare il nuovo sistema. Il prof. Pignier, direttore del tempo, accolse con entusiasmo il nuovo metodo e incoraggiò Louis Braille in ogni modo, nominandolo perfino insegnante nell’istituto. Furono realizzate le tavolette per la scrittura che Louis Braille aveva progettato, correggendo gli originali strumenti ideati da Barbier, e i giovani ciechi dell’istituto cominciarono a leggere e scrivere in Braille con ottimi risultati.
Quando il direttore dell’Istituto però venne sostituito da Dufau, il quale avversava l’uso del Braille, la situazione mutò radicalmente e il sistema di Louis Braille venne additato come strumento di segregazione e perfino come elemento di disturbo dell’attenzione in classe, per via del ticchettìo del punteruolo, in fase di scrittura.
Dufau sostituì il Braille con il sistema messo a punto da Johon Alston presso il ricovero per ciechi di Glasgow, una sorta di alfabeto normale molto semplificato e riprodotto in rilievo e diede ordine di eliminare sistematicamente le tavolette di scrittura e i pochi testi disponibili, tra i quali una “storia della Francia” in tre volumi che risulta essere il primo vero libro riprodotto in Braille. Il metodo Braille però resistette fra gli studenti, tanto che il direttore fu, suo malgrado, costretto a ripristinarlo nell’istituto.
Nel 1852, a causa della tubercolosi, Braille morì, a soli 43 anni, dopo una vita troppo breve, costellata di stenti e privazioni.
Il suo sistema però, sebbene lentamente, cominciò a diffondersi e ad affermarsi in Francia e all’estero. Già nella seconda edizione del suo metodo, Louis Braille aveva adattato l’alfabeto alle sei maggiori lingue parlate e scritte in Europa e in America: inglese, francese, spagnolo, tedesco, italiano e portoghese.
Nel 1852 il Braille fu introdotto nella scuola per ciechi di Losanna, dove nel 1860 sorse una vera e propria copisteria che produceva volumi in francese e in tedesco. Nel 1854 il sistema fu adottato ufficialmente in Francia e nello stesso anno venne realizzata la prima edizione del metodo in lingua portoghese per espressa volontà dell’imperatore del Brasile Don Pedro II. Nei paesi di lingua tedesca il Braille si affermò, però con qualche variante segnografica.
Nel 1878 finalmente, nell’ambito del primo congresso internazionale per l’educazione dei ciechi svoltosi a Parigi, dopo aspre e prolungate dispute, il 27 Settembre in seduta plenaria, il Braille fu universalmente adottato come metodo di scrittura e lettura per i ciechi, nella sua forma originale francese. Soltanto gli Stati Uniti d’America, tra i grandi paesi evoluti, seguirono un percorso diverso che ugualmente portò all’affermazione del Braille, ma dopo controversie laceranti tra gli educatori che provocarono ritardi e incertezze nel processo di istruzione dei ciechi.
Capìta l’importanza e l’universalità del metodo Braille, l’UNESCO si dedica dal 1949 alla sua diffusione in tutto il mondo perché i non vedenti di tutti i continenti se ne possano giovare. Sono infatti ben 800 attualmente i dialetti e le lingue che utilizzano il metodo Braille per la comunicazione fra i ciechi e per la loro istruzione.
Qui sotto riportiamo le lettere dell’alfabeto Braille con in parentesi la rappresentazione numerica dei punti che le identificano.
- Lettera a: (punto 1);
- lettera b: (punti 1 e 2);
- lettera c: (punti 1 e 4);
- lettera d: (punti 1, 4 e 5);
- lettera e: (punti 1 e 5);
- lettera f: (punti 1, 2 e 4);
- lettera g: (punti 1, 2, 4 e 5);
- lettera h: (punti 1, 2 e 5);
- lettera i: (punti 2 e 4);
- lettera j: (punti 2, 4 e 5);
- lettera k: (punti 1 e 3);
- lettera l: (punti 1, 2 e 3);
- lettera m: (punti 1, 3 e 4);
- lettera n: (punti 1, 3, 4 e 5);
- lettera o: (punti 1, 3 e 5);
- lettera p: (punti 1, 2, 3 e 4);
- lettera q: (punti 1, 2, 3, 4 e 5);
- lettera r: (punti 1, 2, 3 e 5);
- lettera s: (punti 2, 3 e 4);
- lettera t: (punti 2, 3, 4 e 5);
- lettera u: (punti 1, 3 e 6);
- lettera v: (punti 1, 2, 3 e 6);
- lettera w: (punti 2, 4, 5 e 6);
- lettera x: (punti 1, 3, 4 e 6);
- lettera y: (punti 1, 3, 4, 5 e 6);
- lettera z: (punti 1, 3, 5 e 6).
Le lettere, come sopra esposto, si intendono minuscole; per indicare che una lettera è maiuscola, si antepone a questa il segno corrispondente, rappresentato dai punti Braille 4 e 6.Se si vuole indicare che tutta una parola è scritta maiuscola, va anteposto tale simbolo a tutte le sue lettere.
I segni di interpunzione vengono rappresentati come segue:
- Punto esclamativo: (punti 2, 3 e 5);
- punto interrogativo: (punti 2 e 6);
- due punti: (punti 2 e 5);
- trattino: (punti 3 e 6);
- punto: (punti 2, 5 e 6);
- virgola: (punto 2);
- punto e virgola: (punti 2 e 3);
- apostrofo: (punto 3);
- apertura virgolette: (punti 2, 3 e 6);
- chiusura virgolette: (punti 3, 5 e 6);
- parentesi sia aperta che chiusa: (punti 2, 3, 5 e 6);
Per la formazione della simbologia numerica Braille, si antepone alle lettere dell’alfabeto, dalla lettera a alla j, il segnanumero, cioè un simbolo indicato dai punti 3, 4, 5 e 6. In particolare:
- la lettera a rappresenterà il numero 1
- la lettera b il numero 2
- la lettera c il numero 3
- la lettera d il numero 4
- la lettera e il numero 5
- la lettera f il numero 6
- la lettera g il numero 7
- la lettera h il numero 8
- la lettera i il numero 9
- e la lettera j rappresenterà il numero 0.
Se ad esempio dovessimo trascrivere il numero 2, seguiremo questo procedimento:
- inserimento del segnanumero (punto 3, 4, 5 e 6);
- inserimento della lettera b che, quale seconda lettera dell’alfabeto rappresenta in questo caso il simbolo numerico 2.
È da notare che per ciò che concerne la trascrizione di cifre superiori ad una unità, si usa solo un segnanumero davanti all’unità.).
Per un più approfondito studio del codice Braille, vi consigliamo di recarvi presso la nostra sezione UICI.