Louis Braille nacque a Coupvray nel 1809, presso il Dipartimento della Senna e Marna, quarto genito nella famiglia di un modesto sellaio. Un giorno, durante l’assenza dei genitori, il bimbo si impadronì furtivamente degli utensili da sellaio, che utilizzati maldestramente gli colpirono un occhio, rendendo quest’ultimo privo della vista.
Più avanti una congiuntivite e un’oftalmia purulenta colpirono l’altro occhio, distruggendone la cornea, per cui Louis a cinque anni si ritrovò completamente e irreversibilmente cieco.
L’abate Palluy e il maestro Becheret notarono la vivace intelligenza del fanciullo e si affezionarono a lui. Inoltre il castellano del luogo, il marchese d’Orvilliers, si interessò del caso, tanto che nel febbraio 1819, fece entrare Louis, come beneficiario di una borsa di studio, nell’ex seminario di Saint Firmin (Parigi), divenuto collegio per ciechi, grazie al benefattore Valentin Hauy.
L’edificio era dei più malsani, umidi e freddi della capitale, ma Louis vi scoprì la gioia dello studio: la grammatica, la storia e la matematica lo appassionarono.Inoltre, lo studio entusiasta di tutto ciò che gli veniva proposto, perfino la musica, lo portarono ad imparare a suonare l’organo, il piano, il flauto ed il fagotto.
L’unico metodo di scrittura in vigore in quella scuola era quello del benefattore Valentin Hauy: su del cartone venivano fissati caratteri regolari stampati in rilievo che formavano, dunque, delle sporgenze rilevabili al tatto. Erano molto ingombranti e la loro composizione richiedeva parecchio tempo, inoltre erano facili a leggersi per i vedenti, ma difficili da distinguere per i ciechi attraverso i polpastrelli delle dita.
Malgrado questi inconvenienti, l’invenzione apriva la strada alla lettura mediante il tatto.
Valentin Hauy desiderava talmente che Louis, unico suo allievo, traesse vantaggio della sua invenzione, tanto che pagò ai genitori del ragazzo quanto questi solitamente raggranellava ogni giorno elemosinando dinanzi alla porta della chiesa, purchè questi non lasciasse la scuola.
Sia pur col più grande rispetto per il vecchio maestro, Louis ne criticò i metodi superati e ben presto si accinse a tentare egli stesso di perfezionarli.
Un giorno, un capitano d’artiglieria, Charles Barbier de la Serre, chiese di sottoporre all’esame dell’istituto un nuovo metodo che egli aveva creato per l’esercito. Varie volte, infatti, si era trovato in difficoltà durante la notte, nel leggere i messaggi che gli pervenivano al fronte. Aveva pensato allora alla scrittura in rilievo: segni convenzionali, fatti di punti e di tratti rilevati. Arrivata la pace, Barbier aveva pensato infatti ai ciechi, ai quali la “scrittura notturna” sarebbe potuta essere utile. Essa permetteva senza preoccuparsi dell’ortografia, di trascrivere qualsiasi frase con l’ausilio di una stecca scorrevole forata, attraverso la quale, il cieco poteva forare con un punteruolo una grossa carta, formando così dei punti rilevati, che, disposti l’uno accanto all’altro secondo un sistema convenzionale, costituivano delle parole.
Il direttore dell’istituto per ciechi, il dottor Pignier, accettò di esaminare questo nuovo metodo e, ritenendolo un sistema rivoluzionario, utile per la comunicazione fra i ciechi, lo adottò “come metodo accessorio di insegnamento”.
Louis Braille sottolineò che tale codice mancava di alcuni segni, quali quelli della punteggiatura, i numeri, i segni musicali, e cercò quindi di porvi rimedio, semplificando il procedimento.
Pignier invitò Barbier a venire a esaminare le modifiche apportate all’invenzione dal suo allievo: il ragazzo quindicenne affrontò il veterano di guerra cinquantenne e gli espose chiaramente le sue idee, ma Barbier non ne riconobbe il valore. Solo più tardi, l’uno e l’altro riconobbero i rispettivi meriti: “è al procedimento di Barbier che noi dobbiamo la prima idea del nostro metodo”, scriverà Braille, mentre Barbier, dopo aver ricevuto un premio dall’Istituto per la sua “scrittura notturna”, rese omaggio al suo concorrente imberbe dicendo “è Louis Braille, allievo dell’Istituto dei Giovani Ciechi, che per primo ha avuto la felice idea di ridurre a una stecca rigata con tre linee lo strumento per la scrittura punteggiata. I caratteri così formati occupano meno spazio e sono più facili a leggersi. Considerato questo duplice risultato è da sottolineare che Braille ha reso ai ciechi un servizio essenziale”.
Pur dedicandosi allo studio delle materie insegnate nella scuola, Louis dedicò tutto il suo tempo libero a questa scrittura per ciechi, che sarebbe diventato lo scopo della sua vita. Nel miglioramento del suo metodo, Braille fece enormi progressi e Pignier ne fu entusiasta, tanto che decise di adottare il sistema del suo allievo nella scuola, sia pur in forma ufficiosa. Infatti, il metodo Valentin Hauy, anche se superato era considerato obbligatorio e bisognava continuare ad insegnarlo.
Louis aveva inventato 63 combinazioni che rappresentavano lettere dell’alfabeto, accenti, cifre, segni matematici e di punteggiatura. Egli aveva ottenuto questo risultato riducendo l’invenzione di Barbier a due file di punti forati in senso verticale, completati da tratti orizzontali, che in seguito avrebbe soppresso.
All’Istituto i meriti di Braille furono riconosciuti da tutti, tanto che a vent’anni egli fu nominato istitutore.
Braille, instancabile studioso e perfezionista, si dedicò anche a ricerche su un sistema di notazione musicale e ad un trattato di aritmetica; inoltre fu nominato organista di Notre Dame des Champs. un Più avanti, nuove ricerche lo appassionarono: inventò una macchina che permetteva ai ciechi di scrivere esclusivamente per i vedenti, senza un addestramento preventivo a questo tipo di lettura. Era il “rafigrafo”, una invenzione troppo complicata per essere largamente sfruttata.
Intanto, il collegio ottenne una nuova sede, al 56 di boulevard des Invalides, ove si trova tuttora. l’inaugurazione avvenuta il 22 febbraio 1844, sancì la validità del metodo Braille; la serata infatti si svolse tra esercizi di lettura e scrittura effettuati secondo il metodo inventato da Louis Braille con risultati entusiastici.
Malato dal 1835 di tubercolosi, si spense il 6 gennaio 1852.
Ora, l’universalità del metodo Braille è riconosciuta e l’Unesco (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), dal 1949, organizza la sua diffusione nel mondo intero. Esso è esteso a ben 800 fra lingue ufficiali e dialetti.
Con Legge 126/08/2007 lo Stato italiano ha riconosciuto l’enorme valore della scrittura braille, istituendo la “giornata nazionale del braille” che si celebra ogni anno il 21 febbraio, in coincidenza con la Giornata mondiale della difesa dell’identità linguistica promossa dall’Unesco. Infatti, questo sistema consente ai ciechi di accedere al patrimonio culturale scritto dell’umanità.